Nasce nella roccia questo album, una genesi che onora l’acustica naturale della pietra scavata davvero molti secoli fa, nell’Italia paleocristiana a Matera, un luogo dove il culto aveva il sapore di istinto arcaico, come il suono del geniale duo; in “Several Calls And A Perfect Pair Of Opinion”, un lungo lamento doloroso si perde tra gli anfratti, il suono si ‘nutre’ delle memorie invisibili scolpite nel tufo, nella storia del sito.
Pensate a quanta energia potrebbe essersi accumulata nei pori tufacei, negli anfratti e nella memoria della materia e quanta ne potrebbero avere assorbita inconsapevolmente durante l’esecuzione dei nove brani di “Your Very Eyes”,Xabier Iriondo e Gianni Mimmo; un sax soprano ed un paio di cordofoni tradizionali nipponici per volare oltre le dimensioni locali, spremere la cultura del Mondo ed appropriarsi del succo per addolcirne la schiettezza acre, come la roccia, come la musica quando è esperimento, materia concepita sul momento, difficilmente riproducibile altrove, l’attimo inafferrabile ora prigioniero dei solchi, una prigione che lo rende eterno, protetto, aureo.
“Your Very Eyes” non è più solo un dischetto ma una testimonianza di quanti stimoli possono concorrere nella creazione di un ‘pezzo’ d’arte: qualcuno dirà che è solo musica eppure la sinergia dei due musicisti è impregnata dalla storia, dalla sofferenza mistica, dall’elemento naturale che si esalta nella notte di Litha, l’antico solstizio estivo, solo per questi dettagli il sincretismo sonoro e mistico assume un valore che non deve e può essere trascurato, in quel sito, nel 2007 la musica ha avuto privilegi incredibili e ne è stata onorata.
Aprire l’album con “Pslam Of Days” è una forma di omaggio al Mondo intero: il sax, insieme ai cordofoni orientali, innalza il suono verso forme speculari ad un rāga inverosimile, trascendendo però da ogni regola, sfruttando l’istinto, la cultura personale, la volontà mistica di assorbire il luogo, lasciarlo permeare nella sua sacralità oltre la convenzione; successivamente “Side Voice”, nella sua profonda essenza misterica, richiama non troppo lontanamente gli etnicismi Dead Can Dance, arcaici e senza un dogma precostituito.
Poi prevale il senso di solitudine: il sax e le strumentazioni sperimentali di Xabier divengono poemi sonori con una forte ispirazione romantica nelle note che ora hanno una sonorità, una metrica elegiaca; la solitudine del sax, come la tromba, quando vuole diviene esistenziale, anche tra i glitch, i piccoli percorsi, tortuosi, tra ciottoli acustici, del noise di Iriondo.
“Nostos Algos” o la conclusiva “Completion” sono emblemi di quanta musica è ancora possibile se si vuole innovare e sperimentare, percorrere sentieri tra classicismi funzionali e corrosioni anche industriali; allora la piccola chiesa che ha ospitato il combo diviene un laboratorio dalle inverosimili, infinite alchimie generabili.