Una delle qualità essenziali della perfomance è quella di saper creare, negli spazi dell'esibizione, un ambiente che delinea significativi eventi musicali, dai contrasti dinamici alle oasi sonore che accendono sensazioni pur nella loro diminuita resa in volume; è un modo potente per impostare la riflessione inconscia che guida alla formazione di immagini neurali indotte dalla musica ed inoltre, nei momenti in cui risultasse carente la fase dell'originalità della proposta, è un serbatoio da cui attingere le verità di quello che con molta approssimazione viene chiamata espressione. La climax, termine derivato dall'impianto narrativo e teatrale, può essere ben applicata alla musica per caratterizzare un fraseggio "culminante", in cui i musicisti si incontrano nella dimensione massima della concentrazione e dell'interplay, in contrapposizione al suo contrario, un quasi silenzio che viene scavato tra isole sonore di bassa dinamica, in cui è comunque richiesta ai musicisti una similarità: la stessa forza di concentrazione. Il quartetto d'improvvisazione dei Reciprocal Uncles con Ove Volquartz contiene una delle più forti e sensate dimostrazioni della forza delle climax e delle anti-climax; originariamente composto in duo tra Gianni Mimmo al soprano e Gianni Lenoci al piano, il gruppo ha aumentato l'organico costituendosi in trio, con l'apporto della batteria di Cristiano Calcagnile (vedi qui un sketch d'esibizione al Vortex Jazz Club) e, nell'esperienza tedesca di cui si parla in questa recensione, il trio è diventato un quartetto unendosi al clarinettista Ove Volquartz (anche clarinetto contrabbasso), musicista tedesco che molti appassionati di vecchia data conosceranno per l'importante ruolo giocato nell'improvvisazione germanica degli anni settanta e per le importanti collaborazioni nei workshops di Cecil Taylor e Gunter Hampel.
Registrato live all'Apex di Gottingen nel 2013, "Glance and many avenues" è un appassionato documento musicale che evidenzia come il quartetto abbia immediatamente raggiunto un affiatamento invidiabile ed insospettabile, in cui l'improvvisazione fornisce soluzioni continue che fanno bene alla psicosi di gruppo: ognuno recita la sua parte, attingendo alle sensazioni del momento, ma con un orecchio forgiato quasi automaticamente all'ascolto delle evoluzioni dei suoni del resto dei componenti, in modo da garantire una perfetta aderenza umorale: ci si muove tutti assieme sia nelle dinamicità che nelle pause con la stessa intensità. Ne viene fuori un disco complesso e superlativo da un lato e totalmente enigmatico dall'altro, dove la creazione d'arte è dietro l'angolo, imbastita in moto perpetuo, che tuona e risuona nell'ambiente sonoro presentando un fascino estraniante (frutto anche di alcune tecniche non convenzionali sugli strumenti).
Un paio di considerazioni:
1) riguarda la presunta inconsistenza della moderna impostazione dell'improvvisazione italiana, l'esperienza di Mimmo, Lenoci e Calcagnile realizza un validissimo esempio di musicisti "primi della classe", che non è superfluo sottolineare anche acclarando il lungo curriculum dei musicisti; guardando alle esperienze extra italiane, sembra che sia sempre più importante ricorrere ad un segno distintivo: in Francia la migliore improvvisazione libera ha creato delle magnifiche sponde per l'immaginazione aurale (partendo da Lazro per arrivare agli attuali Risser e Duboc), in Germania vive di alcune intuizioni nate dalle ricerche impostate oltre cinquanta anni fa dalla musica contemporanea (tra i migliori esempi le iniziative sulla spazialità di Gratkowski), nei paesi nordici la crema si è fusa nella natura (nelle idee di improvvisatori come Vilda & Inga o delle Spunk); in Italia il trio predetto va verso un'improvvisazione che, sottolineando gli opposti dinamici, restituisce un concetto letterario od artistico della musica, che vorrebbe recuperare il senso storico attraverso la musica (volgere lo sguardo ai progetti di Sciarratta o Guazzaloca per un'identità di risultato).
2) "Glance and many avenues" contiene alcune delle perfomances improvvisative più riuscite dei suoi partecipanti, lodevoli sia per espressione che per valenza tecnica, senza poter fare preferenze: sentite le climax di "Flowerpiecers on Cecil rd." o di "Act not re-act", in cui l'esplosività è corale e dà posto ad una pensosa caratterizzazione della musica piena di sfumature; oppure la "Zogernd in der Weberngasse", dove i musicisti vi fanno rivivere la persuasione notturna della strada percorsa da Dorian Gray prima di rincasare e cimentarsi con il suo ritratto. Ma non sono solo strade o viali che scorrono, come detto. C'è la consapevolezza di essere di fronte ad oggetti artistici che meriterebbero tutt'altra dimensione che quella già fortunata di un concerto riservato in un locale di Gottingen.